Le malattie tropicali neglette sono una sfida sanitaria globale, con un impatto soprattutto nelle regioni più povere del mondo. Nonostante siano responsabili di centinaia di migliaia di decessi e colpiscano circa 1,6 miliardi di persone, si tratta di patologie ricevono scarsa attenzione nei contesti a basso reddito, dove malnutrizione e carenze sanitarie ne favoriscono la diffusione. Il problema non è confinato alle aree tropicali: fenomeni come i cambiamenti climatici, la mobilità internazionale e la globalizzazione hanno contribuito alla loro presenza anche in Italia. Tra le patologie si annoverano la dengue, la chikungunya e la leishmaniosi, alcune delle quali hanno registrato casi autoctoni nel territorio nazionale.
Sorveglianza e della diagnosi precoce
Secondo i dati presentati da Aifa e Iss, nel 2024 sono stati registrati 693 casi di dengue in Italia, di cui 213 autoctoni, un dato senza precedenti. A questi si aggiungono 15 casi di chikungunya, tutti importati, sebbene in passato siano stati segnalati focolai locali. Altre malattie, come la strongiloidosi e la malattia di Chagas, hanno colpito centinaia di persone nel Paese, con un totale stimato di 4-5 mila casi complessivi. Anna Teresa Palamara, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Iss, sottolinea l’importanza di mantenere alta la guardia per evitare di perdere la capacità di diagnosticare e trattare queste patologie in modo adeguato. «Un approccio integrato che consideri le condizioni socio-sanitarie è essenziale per contrastare non solo le malattie neglette, ma tutte le infezioni legate alla povertà», afferma Palamara.
Le strategie globali e il ruolo della ricerca
L’Organizzazione mondiale della sanità ha delineato una road map per il controllo delle malattie tropicali neglette entro il 2030, con obiettivi che includono l’eradicazione di alcune patologie e il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie. Tuttavia, la riduzione degli investimenti e le disuguaglianze tra Paesi rischiano di compromettere questi traguardi. Robert Nisticò, presidente di Aifa, ricorda l’importanza dei programmi di donazione di farmaci, che nel 2024 hanno distribuito 1,8 miliardi di compresse e fiale. «È necessario rafforzare gli interventi su acqua potabile, servizi sanitari e accesso alle cure, oltre a sostenere la ricerca per terapie più efficaci», conclude Nisticò.
Documenti allegati
© Riproduzione riservata