Salve dottore, spero sia in grado di risolvere il mio quesito. Due settimane fa mancavano dalla mia cassa circa 55 € a fine giornata. Premetto in quella cassa ci lavoro prevalentemente io, anche se mi capita di darmi il cambio con il collega per qualche cliente. Sulle prime il titolare mi ha detto di non preoccuparmi, ma oggi mi ha chiesto di rendergli l’importo in contanti non appena avrò ricevuto il bonifico dello stipendio. È una richiesta legittima?
La saluto, Dott. Vale Sartan
È sempre spiacevole quando si verificano eventi del genere, perché possono portare a situazioni capaci di logorare l’ambiente di lavoro. È quindi importante sapere esattamente quali sono, in queste circostanze, i propri diritti e i propri doveri, per agire di conseguenza nel rispetto altrui e assumendosi, se presenti, le proprie responsabilità. Il caso in questione non viene espressamente affrontato dal CCNL farmacie private, e di conseguenza bisogna fare riferimento alla vigente normativa. È però necessario fare una premessa. Alcuni CCNL prevedono un’indennità di cassa: ad esempio, l’art. 205 del contratto del commercio recita che: “senza pregiudizio di eventuali procedimenti penali e delle sanzioni disciplinari, al personale normalmente adibito ad operazioni di cassa con carattere di continuità, qualora abbia piena e completa responsabilità della gestione di cassa, con l’obbligo di accollarsi le eventuali differenze, compete un’indennità di cassa e di maneggio di denaro nella misura del 5% della paga base nazionale conglobata”. Questo significa che, qualora per qualunque ragione non dolosa vi sia una differenza in cassa a fine giornata, le cassiere dei supermercati e dei negozi hanno l’obbligo di versare la differenza indipendentemente dal fatto che si possa provare la loro responsabilità o meno. I farmacisti, tuttavia, non sono addetti a operazioni di cassa con carattere di continuità, e quindi nel loro CCNL le parti (Federfarma e i sindacati) hanno concordato di non inserire questa indennità come obbligatoria. Se l’indennità non è versata, allora il farmacista è tenuto a risarcire il datore di lavoro se e solo se questi può provare che il farmacista non è stato diligente nella gestione della cassa stessa (art. 2014 del codice civile, obbligo di diligenza: ad esempio si potrebbe configurare questo caso qualora il collaboratore riconoscesse di aver sbagliato di dare un resto). Peraltro, il fatto che ad un certo farmacista sia assegnata una determinata cassa, anche in via esclusiva, non è sufficiente a provare la violazione dell’obbligo di diligenza e quindi il risarcimento non è dovuto a meno che nel contratto individuale il titolare della farmacia non abbia riconosciuto espressamente al collaboratore una indennità di cassa nella misura di almeno il 5% della retribuzione (circa 60 € netti al mese). Infine, anche qualora il titolare fosse in grado di provare la violazione dell’obbligo di diligenza che ha portato all’ammanco di cassa, il risarcimento andrebbe operato tramite trattenuta in busta paga, e non in contanti. Unico caso in cui il risarcimento è dovuto senza onere della prova a carico del titolare è quello del farmacista libero professionista adibito ad una cassa in via esclusiva. In questo caso vige l’articolo 1218 del codice civile, riguardante la responsabilità contrattuale (“Il debitore che non esegue esattamente la prestazione è tenuto al risarcimento del danno se non prova che il ritardo o l’inadempimento è dovuto a causa a lui non imputabile) e con onere della prova invertito, a carico del professionista.
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Grazie
Chiarissimo e giusto , condivido pienamente !
Grazie Carlo, per trovare la risposta a questa domanda ho letto molto attentamente le varie normative, inoltre ho chiesto un parere- in via informale- ad un avvocato, che mi ha confermato le mie conclusioni.