La posizione delle associazioni di categoria è nota, ma che cosa pensano delle liberalizzazioni i singoli professionisti del farmaco?
Liberalizzare: questa è la ricetta che governi di colori diversi hanno proposto e continuano a proporre ad intervalli regolari come soluzione per risolvere la perpetua crisi economica di questo paese. E agli occhi di questi governi, le farmacie hanno sempre costituito un bersaglio naturale in quanto la legge impone che il titolare sia un professionista iscritto all’ordine e fissa il numero di esercizi sul territorio in base ad una pianta organica. È nota in merito la posizione delle varie associazioni professionali e sindacali dei farmacisti. Le liberalizzazioni sarebbero <Un rischio per le garanzie dei cittadini> secondo il presidente della FOFI Andrea Mandelli, sulla stessa linea d’onda della presidente di Federfarma Annarosa Racca che ritiene che le liberalizzazioni potrebbero minare <l’indipendenza del ruolo del farmacista>. La contrarietà al capitale unisce per una volta titolari di farmacia e di parafarmacia, anch’essi contrari per il pericolo che si creino <pericolosi oligopoli>. Solo i rappresentanti dei non titolari, tramite il sindacato Sinasfa, sembrano favorevoli. Ma che cosa ne pensano i singoli professionisti? Farmacisti Al Lavoro ha coinvolto quasi trecento colleghi in un sondaggio sull’argomento, ed ecco i risultati.
Emerge molto chiaramente come non solo i titolari, ma anche buona parte dei collaboratori sostengano l’attuale sistema.
La prima domanda verteva sul numero chiuso delle farmacie. A questo proposito, quasi la metà dei colleghi si è assestata su una posizione conservatrice: secondo il 46.4% dei farmacisti italiani bisogna infatti mantenere il numero chiuso- possibilmente con gli attuali numeri- per assicurare la capillarità del servizio farmaceutico sul territorio. Il 34.8%, più di un farmacista su tre, è favorevole all’abolizione del numero chiuso, mentre una piccola fetta di farmacisti (16.4%) pensa che nuove sedi dovrebbero essere messe a concorso, pur senza operare una liberalizzazione totale. Quello che emerge molto chiaramente dalle risposte al sondaggio è che molti collaboratori difendono l’attuale sistema: come si spiega, altrimenti, che quasi la metà dei farmacisti sostenga la posizione di Federfarma, che rappresenta solamente il 25% dei professionisti del farmaco?
La titolarità deve rimanere ai farmacisti. Su questo sono quasi tutti d’accordo.
Un plebiscito è stato la risposta alla seconda domanda che riguardava la titolarità della farmacia: meno di un farmacista su dieci sostiene una completa apertura al capitale e quasi l’80% dei colleghi ritiene che la titolarità dovrebbe in ogni caso essere riservata ai farmacisti. Gli effetti di una liberalizzazione sarebbero inoltre, secondo il 61.8% dei farmacisti, negativi sia per i collaboratori che per i titolari, anche se quasi il 30% sostiene che un’apertura al capitale porterebbe beneficio ai collaboratori, indipendentemente dagli effetti sugli attuali titolari.
Affermare che la liberalizzazione produrrebbe un aumento dei comportamenti illeciti è legittimo, ma denota una scarsa fiducia nei confronti della propria categoria.
Spesso Federfarma e Fofi hanno sostenuto che una liberalizzazione avrebbe prodotto un aumento dei comportamenti scorretti da parte dei professionisti, che dimentichi degli obblighi deontologici avrebbero iniziato- in un regime di maggiore concorrenza- a erogare farmaci senza la necessaria prescrizione, per motivazioni economiche. Anche se, nella mia esperienza personale e in quella di molti colleghi con cui mi sono confrontato, questo purtroppo avviene già in molte realtà, addirittura il 45.4% dei farmacisti pensa che questi comportamenti scorretti aumenterebbero in presenza di una liberalizzazione, e solo il 18.1% pensa che succederebbe il contrario. In ogni caso, la maggioranza assoluta dei farmacisti non condivide la posizione della federazione: aprire al capitale non significa che i farmacisti inizierebbero a lavorare in maniera illegale. Su questo punto mi permetto di esprimere la mia posizione personale: io credo nell’etica e nel rispetto del codice deontologico e reputo francamente una mancanca di fiducia in questa professione che qualcuno possa sostenere che il mio comportamento potrebbe cambiare se cambiasse il mio committente. Infatti io e i miei colleghi, titolari e dipendenti, siamo per la maggior parte persone serie, indipendentemente da dove e come operiamo.
Il sondaggio consentiva poi di esprimere una breve riflessione personale riguardo alla liberalizzazione. Questo sondaggio ha avuto davvero un altissimo numero di risposte e quindi mi sarebbe sembrato scorretto selezionarne solo alcune. Ho scelto pertanto di pubblicarle tutte lasciando ai lettori del blog il compito di farsi un’opinione in proposito ed eventualmente commentare. Come sempre, buon lavoro a tutti i farmacisti!
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Ottimo articolo, grazie .
Ogni farmacista dovrebbe poter aprire una farmacia,si andrebbe incontro ad eliminare un po’ di disoccupazione e nello stesso tempo si eviterebbe lo sfruttamento dei giovani farmacisti da parte della lobby dei titolari.
Ogni farmacista dovrebbe poter aprire una farmacia,si eliminerebbe
un po’ di disoccupazione e nel contempo si eviterebbe lo sfruttamento dei giovani farmacisti da parte della lobby dei titolari.