<Un dipendente guadagnerà anche sette euro l’ora, ma a noi costa il doppio>, dicono i titolari.
I farmacisti titolari più bravi sanno che la più preziosa risorsa di una farmacia sono i suoi collaboratori. Tuttavia, nonostante le lodi che i collaboratori ricevono in molti contesti dai rappresentanti dei titolari, permane il problema del basso stipendio a fronte di un contratto scaduto ormai da anni. Per cercare di capire come mai i titolari stiano temporeggiando pur di non concedere nemmeno un piccolo aumento, Farmacisti Al Lavoro ha voluto realizzare un approfondimento che vuole rispondere a questa semplice domanda: quanto costa un farmacista collaboratore ad una farmacia? Aumentare lo stipendio dei loro collaboratori di 100 € lordi al mese costituirebbe davvero un aggravio di cassa così insostenibile per i titolari? In effetti, almeno nelle discussioni che sovente si osservano sui social, sembrerebbe di si, e la causa è indicata nell’elevato costo del lavoro. <Un dipendente guadagnerà anche sette euro l’ora, ma a noi costa il doppio>, dicono i titolari. Scopriamo se è vero.
Un farmacista neolaureato costa 33.000 euro l’anno, contro i 41.000 di uno con dieci anni di anzianità.
Partiamo da una domanda: oltre allo stipendio, quali altre spese competono al titolare di una farmacia per ciascuno dei suoi collaboratori? Oltre alla retribuzione lorda, sono dovuti i contributi INPS (24%), la quota di accantonamento TFR (due ventisettesimi della retribuzione lorda), l’INAIL e naturalmente la parcella del commercialista e dello studio che fa le buste paga. La più grossa voce dopo la retribuzione, come si evince dalla tabella sottostante, è rappresentata dai contributi INPS, che sono per il 24% a carico del datore di lavoro e per il 9,19% a carico del dipendente. L’unica eccezione è costituita dai contratti di apprendistato: in questo caso il dipendente percepisce una retribuzione netta invariata (anzi leggermente superiore in quanto i contributi a carico del lavoratore scendono dal 9.19% al 5.84%), ma al datore di lavoro vengono rindotti i contributi dal 24% al 10.11% al primo anno e all’8.61% al secondo anno, portando il costo complessivo di un neolaureato a circa trentatremila euro l’anno. Un dottore con almeno due anni di anzianità, al quale sia terminato il contratto di apprendistato, costa invece alla sua azienda trentanovemila euro l’anno, cifra che sale a quarantunomila per un collega con dieci anni di anzianità. Notiamo che il farmacista con dieci anni di anzianità percepisce uno stipendio di 100 € lordi in più rispetto a quello con due anni di anzianità, e perciò possiamo stimare che per ogni 100 € lordi mensili di aumento di stipendio l’aggravio per la farmacia sarebbe di circa 2000 € l’anno.
Il costo di un farmacista con esperienza, per ogni ora effettivamente lavorata, si aggira sui 22 euro.
Dopo aver analizzato il costo complessivo, vogliamo sapere quanto costi un dipendente per ogni ora lavorata. Il calcolo in questo caso è semplice: basta dividere il costo totale annuo della tabella precedente per le ore effettivamente lavorate. In un anno ci sono 2080 ore lavorabili, che scendono a 1848 se consideriamo 160 ore di ferie, 32 di festività soppresse e 40 di permessi. Vediamo che l’apprendista costa alla farmacia 17,72 €/ora, contro i 20,74 €/ora di un collaboratore con due anni di anzianità e i 21,78 € di un collaboratore con dieci anni di anzianità. Quindi, quando i titolari dicono che a loro un farmacista costa il doppio della paga oraria netta, in realtà stanno facendo una sottostima: a loro costa il triplo.
Concedere un piccolo aumento costerebbe come passare al contratto sanitario: perchè non scegliere questa seconda strategia?
Riassumendo: il costo del lavoro è molto alto, doppio rispetto alla retribuzione netta annuale ma triplo rispetto alla paga oraria, fatto che giustifica anche le tariffe che applicano i farmacisti liberi professionisti, nell’ordine dei 30 € l’ora. Aumentare lo stipendio dei collaboratori di 100 € lordi, pari a 65-70 € netti al mese, costerebbe alla farmacia circa 2000 € l’anno. Quanti hanno letto l’articolo sul passaggio al contratto sanitario si saranno accorti che la cifra necessaria per concedere questo ipotetico aumento è praticamente la stessa che sarebbe necessaria per finanziare il passaggio al contratto sanitario, e quindi viene spontaneo chiedersi se, invece di un adeguamento, non sarebbe una strategia migliore per tutti- titolari e collaboratori- cambiare contratto tout court.
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Lo trovo giusto
Lo trovo giusto anche io, inoltre ci sarebbe una riduzione dell’orario di lavoro settimanale da 40 a 36 ore, che consentirebbe di creare nuovi posti di lavoro