Esiste una minoranza silenziosa di farmacisti collaboratori entusiasti e soddisfatti. Che cos’hanno di diverso? Lo scopriamo in questa intervista a Ervin Zaimi.
Il quadro che emerge da un recente sondaggio di FarmaciaVirtuale.it, giornale online per il mondo della farmacia, è tragico: oltre due terzi dei farmacisti si dicono insoddisfatti del proprio lavoro. La scarsa retribuzione e le poche possibilità di carriera sono additate come la principale causa di questa percezione, tanto che molti giovani colleghi iniziano a valutare percorsi alternativi, come quello per diventare nutrizionisti. Eppure, esiste una minoranza silenziosa di farmacisti collaboratori contenti della propria posizione: che cos’hanno di diverso questi colleghi? In questa serie di interviste cercheremo di dare alcune possibili risposte a questa domanda, soprattutto nell’ottica di aiutare i farmacisti più scontenti a trovare la propria strada. Dopo l’intervista alla dottoressa Justine Farina, da molti conosciuta come la farmacista più social d’Italia in quanto responsabile di una pagina che mette insieme 100.000 likes su Facebook, intervistiamo un giovanissimo collega pieno di entusiasmo: il dottor Ervin Zaimi.
<Gran parte dei colleghi insoddisfatti lo sono più per le prospettive che per il lavoro in sè, ma questo sentimento non mi appartiene>.
Ciao Ervin. Da un sondaggio pubblicato sul giornale online FarmaciaVirtuale.it emerge come due farmacisti su tre siano insoddisfatti del proprio lavoro. Lo sei anche tu? Purtroppo il sondaggio mostra una cruda realtà. Credo che gran parte dei colleghi siano insoddisfatti non tanto per il lavoro in sè quanto dalle prospettive che offre. In Italia la situazione, per quanto ne so, è abbastanza piatta. Personalmente questo sentimento non mi appartiene, perché ho uno spirito intraprendente e cerco di evolvere il mio lavoro. Il farmacista é il primo punto di riferimento della salute e per questo ha un potenziale formidabile, ma la prospettiva con cui veniamo percepiti è sbagliata, e ammetto che la legislazione non ci aiuta.
<Non amo il termine di collaboratore, perchè sminuisce ciò che siamo>.
A tuo parere, che cosa fa la differenza tra un collaboratore soddisfatto e uno insoddisfatto? Magari sarò un egocentrico ma non percepisco l’appellativo di collaboratore adatto a me ed alla nostra professione: è un termine che sminuisce la posizione di quella fetta di dottori che non sono in possesso di una farmacia. Siamo farmacisti, professionisti della salute, quindi la prima differenza è la percezione della propria posizione. Bisogna crearsi i propri spazi, con le proprie idee: non dimentichiamoci che siamo o possiamo essere imprenditori di noi stessi, e possiamo fare molte cose.
Come mai ha scelto farmacia come percorso di studi? Avevi considerato il fatto che non avendo una farmacia di famiglia la tua potesse non essere la scelta migliore? Credo che sia stato il destino a portarmi a conquistare questa posizione. Ricordo con gioia che fin da bambino il mio amico sig. Leonardo mi diceva che da grande sarei diventato farmacista. Alla base di tutto questo c’è stato l’amore per la chimica farmaceutica. Quanto alla mia scelta, non ho mai avuto ripensamenti anche perchè per indole rifletto molto prima di prendere una decisione e sono convinto di aver fatto la scelta giusta. É il campo giusto, poi la posizione dipenderà da come si evolveranno le mie passioni lavorative.
<Quando ho fatto il colloquio con il mio attuale titolare, ho capito che era la persona giusta, con la mentalità giusta>.
Come hai iniziato e come sei approdato alla Farmacia Salzotto Leinì? Alla Farmacia Salzotto Leinì sono approdato grazie ad un annuncio sul portale Farmalavoro. Dopo la laurea è stato per me abbastanza frustrante vedere che gran parte delle Farmacie cercano colleghe donne, ma non ho mollato. Ed alla fine ho avuto la possibilità di un colloquio con il Dottor Salzotto, che ho capito che era la persona giusta con la mentalità giusta. E la sera del giorno stesso abbiamo iniziato questo percorso di crescita.
<Da poco sono anche Social Media Manager per la mia farmacia>.
Come si svolge la tua giornata lavorativa tipica? La mia giornata ha come compito principale la dispensazione e l’assistenza al farmaco per tutti i nostri pazienti. Faccio anche magazzino, una delle mansioni più sottovalutate in farmacia ma che ti permette di raggiungere una conoscenza enciclopedica di tutti i prodotti, e questo ti da la possibilità di offrire una soluzione più completa alle problematiche delle persone, oltre che di aiutare a sviluppare nuove aree della farmacia. Noi siamo sempre alla ricerca di nuovi prodotti per il pubblico. Inoltre, da circa un mese sono anche il Social Media Manager e gestisco tutte le public relations sul web per la farmacia. E nei momenti tranquilli cerco di sviluppare le mie competenze in marketing.
Un bravo farmacista è / dovrebbe essere un bravo venditore? Qual è il tuo approccio alla vendita e al consiglio al banco? Sicuramente quello di farmacista-venditore è un binomio che va viaggia parallelamente. La chiave di lettura sono la salute e le esigenze del cliente. Io ho un approccio vendita e consiglio strutturato, che plasmo a secondo delle situazioni. A volte il cross-selling non è tutto, ed un consiglio vale più di una vendita: l’instaurazione di un rapporto e della fiducia sono la chiave del successo del local business.
Tempo fa tu hai ringraziato pubblicamente il tuo titolare per l’opportunità che ti ha dato assumendoti. Molti colleghi invece sembrano lamentarsi continuamente del proprio lavoro: ritieni che siano degli ingrati? Ingrati direi proprio di no. Ma io ho fatto tanti lavori nella mia vita- anche se sono giovane- e se c’è una cosa che ho imparato é che nel lavoro non ti regala niente nessuno. Se vuoi delle gratificazioni devi lavorare molto, studiare, e non accontentarti mai. Quello che dico sempre al dottor Salzotto è “mai fermarsi”, dobbiamo sempre andare avanti. Il mondo della Farmacia deve evolversi con la società, quindi ai colleghi dico: evolvete anche il vostro lavoro.
La passione è un fuoco che se alimentato non si spegne mai, e la sperimentazione è il suo miglior combustibile>.
Che percorso seguire per trovare la realizzazione professionale? C’è qualche suggerimento che vorresti dare ai molti colleghi che non mancano di esprimere la propria insoddisfazione? Quello che consiglierei ai miei colleghi è di fermarsi un secondo a riflettere se quello che stanno facendo rappresenti davvero la loro passione. Perché la passione è uno di quei sentimenti che se alimentati non si spegne mai, ti gratifica continuamente. Ed uno dei suoi combustibili migliori è la sperimentazione. Voglio condividere con voi il mio mantra, che leggo ogni mattina prima di andare a lavorare: “Here’s to the crazy ones. The misfits. The rebels. The troublemakers. The round pegs in the square holes. The ones who see things differently. They’re not fond of rules. And they have no respect for the status quo. You can quote them, disagree with them, glorify or vilify them. About the only thing you can’t do is ignore them. Because they change things. They push the human race forward. And while some may see them as the crazy ones, we see genius. Because the people who are crazy enough to think they can change the world, are the ones who do” (A tutti I folli. I solitari. I ribelli. Quelli che non si adattano. Quelli che non ci stanno. Quelli che sembra sempre fuori luogo. Quelli che vedono le cose in modo differente. Quelli che non si adattano alle regole. E non rispetto per lo status quo. Potete essere d’accordo con loro o non essere d’accordo. Li potete glorificare o diffamare. L’ unica cosa che non potete fare è ignorarli. Perché cambiano le cose. Spingono la razza umana in avanti. E mentre qualcuno li considera dei folli, noi li consideriamo dei geni. Perché le persone che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo sono coloro che lo cambiano davvero).
Ultima domanda: vedremo mai una farmacia del dottor Zaimi? Non è il mio sogno nel cassetto. Ci sono molte dinamiche che devo capire e studiare. Una cosa è sicura, sarebbe una bella sfida, sopratutto contro la GDO. Il mio obiettivo è quello di dare il mio contributo per far evolvere la farmacia. Riflettendo su questa domanda, l’esigenza di avere una mia farmacia non la sento, perché in quella in cui mi trovo, anche se non porta il mio nome, la sento mia.
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Tutto molto bello, ho letto anche l’intervista al collega dott. ssa Farina. Però rimane un problema, sempre il solito. Al collaboratore sono richieste passione, intraprendenza, preparazione professionale scientifica , capacità commerciali. Si cresce, si fa esperienza, adesso si fanno video su facebook. Ma, detto volgarmente, la paga rimane quella. In altri termini, lo stipendio (di base) del collaboratore non compensa l’applicazione e le capacità che al giorno d’oggi gli sono (di base)richieste. La gratificazione professionale, la passione che ci metti, non pagano l’affitto per chi non ha trovato il lavoro sotto casa, le bollette, l’ENPAF, l’assicurazione della macchina, le spese di una futura auspicata famiglia. Non esiste solo il lavoro, con tutte le belle frasi sulla passione e la professionalità. Già i titolari di farmacia fanno da anni concorrenza ai profumieri, tra mascara, correttori per le occhiaie e deodoranti, svalutando la professione agli occhi dei clienti e degli stessi collaboratori che si percepiscono sempre più come commessi, tra cross-selling e carte fedeltà. In più la retribuzione, tra le altre cose, non fa altro che rafforzare questa percezione. Che senso ha allora la guerra contro la gdo? Nelle farmacie non applicano già da anni le stesse dinamiche? L’ennesimo volgare tentativo di federfarma e di coloro che da essa sono rappresentati di mantenere il monopolio del settore. Si lascino i farmacisti liberi di scegliere tra le varie opportunità, offerte anche dal capitale, in modo da avere più probabilità di realizzazione non solo professionale, ma una buona volta anche economica. Per federfarma, che non muove un dito per il rinnovo del contratto dei tanto amati collaboratori, sono farmacisti solo quelli che lavorano sotto di loro, alle loro condizioni.
Sono completamente d’accordo con il commento espresso da Federico.
Inoltre, alcuni farmacisti vengono criticati perché quando lavorano, pensano prima alla salute del cliente e, solo dopo, al guadagno per il Titolare. E’ incredibile ma hanno cercato di criticarmi, anche su questo blog, perché ho osato affermare che per un farmacista al primo posto deve esserci sempre la salute del cliente e al secondo posto tutto il resto..
Bravissimo, la penso esattamente come voi due. Il farmacista potrebbe essere il lavoro più bello del mondo.se non fosse per i titolari avari (alcuni ma molti) se mi nego l’ antibiotico autoprescrittosi vengo ripresa per aver perso vendita e cliente. Sono passata a fare la magazziniera e ok serve a valutare imparare ma non deve essere il PRIMO LAVORO nella quotidianità
Ciao Federico,
hai espresso un ottimo pensiero. Mi trovo d’accordo con quello che dici al 100%. Ma per cercare quello che cerchi tu, devi dare il 101% come minimo per fare la differenza. Io ho fatto sempre questo in tutti i miei lavori. E ti dico che porto a casa ottimi risultati su tutti i fronti personale ed economico.
Condivido in pieno
Questo blog lo trovo strano.
Non riesco a collocare il senso di cosa voglia fare realmente.
Perchè la scelta di ospitare la professione in un osteria ?
Il sito andrebbe ricollocato in una cornice professionale dato il nome che lo identifica.
Andrebbe reso rigorosamente accessibile solo a professionisti e non al pubblico.
Benaldo
Ciao Benaldo,
Non ci è chiaro cosa intendi con “ospitare il blog in un’osteria”. Gli argomenti trattati interessano di fatto solo i farmacisti- non abbiamo lettori esterni, almeno a guardare le nostre statistiche- ma non contenendo informazioni di natura sanitaria o pubblicità di farmaci non è necessario operare tramite la MediKey. Quanto a dove vogliamo arrivare, dai una letta alla presentazione del blog. Se poi trovi gli argomenti trattati di scarso interesse, non abbiamo che un consiglio da darti: non leggerci. Ma se sei un collega, il tuo contributo sarà sempre ben accetto. Un saluto!
Buonasera, sono una farmacista non titolare che dopo la laurea ha cercato di specializzarsi il più possibile nell’ambito della medicina integrata e pnei. Ho voluto essere manager di me stessa e sono molto soddisfatta del mio percorso e della soddisfazione che ricevo soprattutto per la considerazione che hanno i clienti di me. Però riconosco che in Italia c’è una grossa mancanza. Nel contratto nazionale dovrebbero essere previsti dei ruoli che vanno al di là del semplice collaboratore e gratificare chi come me si mantiene continuamente aggiornato ed è in grado di portare un valore aggiunto nella farmacia dove lavora. Una figura specialistica che con tanto impegno e passione svolge il suo lavoro e che fa la differenza in farmacia non dovrebbe essere lasciato in balia della bontà e della onestà del titolare che riconosce il valore di questo tipo di collaboratore. Fino a quando questa sarà la situazione il 95 %dei collaboratori non si aggiornerà veramente e non sarà in grado di rispondere realmente alle esigenze delle persone che abbandoneranno sempre più il canale farmacia rivolgendosi altrove per avere risposte concrete… come purtroppo avviene con il Dottor Google.
Morale: inutile studiare per diventare farmacisti, almeno qui da noi.
Io ad esempio credo molto nella galenica (quella fatta come si deve e secondo le normative) e spesso leggo di molti, troppi colleghi che puntano sul lato marketing, sui social, sulle diete. Tutti ambiti che dovrebbero essere toccati solo marginalmente dal farmacista, pur essendoci farmacisti che hanno una conoscenza molto vasta dell’ultimo argomento ed a cui va il plauso per essere in costante aggiornamento.
Il magazzino personalmente lo ritengo allo stesso modo bistrattato e chi lo critica probabilmente non ha mai mosso un passo lontano dal banco. È fondamentale sapere come e cosa caricare, parlare con i fornitori (specialmente per il laboratorio e le materie prime), anziché ridursi a sorridere con una sottospecie di paresi e staccare fustelle fino alla tomba senza alcuno stimolo di aggiornamento. Ritengo più avvilente lo starà al bancone non in quanto tale, ma a fare lo scontrino, visto che non ho mai visto medici, o altri professionisti seri in ambito sanitario fare lo scontrino, o proporre carte fedeltà(non mi esprimo oltre su queste..) al di là di fare fattura come libero professionista.
In altri paesi il farmacista non lo si vede nemmeno al banco a dispensare farmaci, o addirittura a toccare con mano il denaro.
Non vi è nemmeno la possibilità di aprirsi una partita iva nel 90 % dei casi perché i famosi 30€/ora mai saranno accordati e questo non lo dico io , ma molti da Nord a Sud. Con l’introduzione dei voucher per gli under 30(o 25 ?) poi si andrà di male in peggio..
Mi duole ammetterlo, ma la categoria dei farmacisti italiani non si risolleverà nemmeno in 10, 20 anni di questo passo e per tale motivo io ho deciso di trasferirmi altrove per continuare il mio percorso, perché a 30 anni ritengo di aver visto e vissuto a sufficienza il desolato panorama farmacia italiano, una realtà tutta sua che non offre o premia una crescita professionale, l’unità tra “colleghi” è pressoché inesistente in molte realtà lavorative e dove l’abusivismo regna sovrano.
A riprova di questo un thread postato qui più o meno di recente dove un sedicente consulente affermava “I dilettanti consigliano, i professionisti vendono”.
Ecco quella è la via attuale che si sta seguendo e dalla quale prendo abbondantemente le distanze.