Il rapporto tra medici e farmacisti non è sempre idilliaco, ma quando funziona porta notevoli benefici al paziente.
Sia il codice deontologico dei medici che quello dei farmacisti invitano i propri iscritti ad un rapporto costruttivo con le altre professioni sanitarie, ma come sappiamo nel quotidiano il rapporto tra farmacisti e medici non è sempre idilliaco. Eppure nelle realtà che hanno saputo costruire un buon rapporto con la classe medica sono stati ottenuti notevoli benefici, soprattutto dal punto di vista del paziente. Che cosa possiamo fare allora, come farmacisti, per riuscire a migliorare questo rapporto? Il primo passo è sicuramente quello di conoscere l’opinione che la classe medica ha di noi e del nostro operato, e per questa ragione Farmacisti Al Lavoro ha realizzato un sondaggio inedito. Ecco i risultati.
I risultati di un sondaggio esclusivo condotto su 63 medici di continuità assistenziale: in metà dei casi emergono incomprensioni con i farmacisti.
Il sondaggio è stato condotto su 63 medici di continuità assistenziale, ai quali sono state poste quattro semplici domande: 1) Hai mai avuto incomprensioni con un farmacista? 2) Se si, per quale motivo? 3) Qual è la tua opinione sul ruolo del farmacista territoriale? 4) In che modo il farmacista territoriale potrebbe supportarti nella tua attività professionale?
Come vediamo nella prima torta, più di un medico su due lamenta di aver avuto spesso o qualche volta delle incomprensioni con un farmacista. Tali incomprensioni erano legate, in particolare, a:
- Discussioni riguardo alla compilazione formale delle ricette (32.7%).
- Percepite interferenze nell’attività clinica del medico (23.6%).
- L’aver messo in discussione l’operato del medico direttamente con il paziente (20%).
- Solo nel 10.9% dei casi, l’aver sostituito un farmaco senza previa consultazione del medico, tema su cui forse i medici sono meno sensibili di quanto pensiamo, a riprova del fatto che è sempre importante conoscere l’opinione altrui.
- L’aver erogato farmaci senza la prevista prescrizione medica. Da notare che questa opzione è stata inserita manualmente da alcuni intervistati pur non essendo tra quelle suggerite, e pertanto si puo’ ritenere che questo sia un problema particolarmente sentito dai medici (5.4%).
- Per qualcuno, purtroppo, a tutti i suddetti casi (5.4%).
Secondo i medici i farmacisti dovrebbero aumentare le proprie competenze.
Abbiamo quindi chiesto ai medici intervistati quale fosse la loro opinione sul ruolo dei farmacisti nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale. Siamo una figura sopravvalutata o sottovalutata? Siamo adeguatamente formati o no? Sfortunatamente, per quanto i medici ritengano che i farmacisti avrebbero un ruolo potenzialmente molto utile nel SSN (58.7% degli intervistati), pensano anche che non sempre la nostra formazione sia adeguata. Condividendo perfettamente l’opinione dell’autore, un intervistato ha sottolineato come il farmacista dovrebbe basare la propria attività professionale maggiormente su criteri di evidence-based medicine, lasciando da parte l’omeopatia e altre pratiche terapeutiche non riconosciute che invece sembrano ancora essere consigliate dalla metà dei farmacisti. In ogni caso, solo una quota molto esigua di medici ritiene che il farmacista non ha nè dovrebbe avere un ruolo sanitario (6.3%) mentre il 34.9% del campione ci riconosce già ad oggi elevate competenze; di questo dato dobbiamo tenere conto in senso positivo e costruttivo: le basi per una collaborazione ci sono, ora però bisogna lavorare sui contenuti.
Infine, in che modo il farmacista potrebbe supportare il medico nella sua attività professionale? L’opinione predominante è che il farmacista dovrebbe avere un ruolo sopratutto nell’aderenza alla terapia da parte del paziente cronico (50.8%). Questo dato è coerente con le proposte che sono state avanzate da farmacisti innovatori come la dottoressa Bianca Peretti, e che in qualche modo sono state timidamente portate avanti anche dalla FOFI e da Federfarma, che pure negli ultimi tempi sembrano più impegnate a condurre battaglie contro il capitale piuttosto che a far evolvere la nostra professione. Il farmacista potrebbe inoltre supportare il medico nella compilazione formale delle ricette (23.8%) e nella consulenza riguardo all’utilizzo dei farmaci (11.1%), pure se questa opzione risulta meno selezionata dai medici intervistati.
Auspicabile a questo punto un sondaggio più ampio, condotto a livello istituzionale.
Farmacisti Al Lavoro ringrazia i medici che hanno partecipato al sondaggio. L’auspicio è che una maggiore conoscenza dell’opinione che la classe medica ha di noi- magari conducendo un nuovo e più ampio sondaggio a livello istituzionale- possa aiutare il farmacista a disegnare con maggior consapevolezza il proprio futuro. Buon lavoro a tutti i farmacisti!
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E se facessimo l’indagine intervistando i farmacisti? Sono sicuro che le risposte non mostrerebbero mai quel senso di ” superiorità a prescindere “che spesso hanno i medici nel giudicare o nel collaborare con i farmacisti. Spesso i medici intralciano il lavoro dei farmacisti infondendo dubbi sull’operato del farmacisti in presenza di una non spedizione di una ricetta non in regola . O sulle tante problematiche sulle spedizioni ( seguendo i dettati normativi) da parte dei farmacisti con generici o farmaci a minor costo in sostituzione del brand prescritto. O in presenza di “. No ! La ricetta va bene il farmaco è ripetibile. ( in presenza di un ripetibile) Oppure “….no! no ! Il farmaco non e’ quello Che ho prescritto….la prossima volta dica al farmacista di rispettare la ricetta! ( bastava mettere non sostituibile senza. Creare incomprensioni) E tanti altri casi……. Ma mi limito a questi . . Poi perché non avete intervistato anche farmacisti su cosa pensano della collaborazione dei Medici. Forse così con la doppia indagine si potrebbero limare certe incomprensioni.
Ciao Giuseppe, cosa ti fa pensare che non sia già in cantiere anche un sondaggio con il punto di vista opposto?
Il problema del rapporto che sussiste alla base tra il farmacista e un medico è intrinseco nel ruolo del farmacista stesso. Esiste già una spaccatura enorme tra ciò che a livello accademico si acquisisce e ciò che si fa realmente in senso pratico. La laurea in farmacia è una laurea molto stimolante per quanto riguarda l acquisizione di nozioni scientifiche Nell ambito della farmacologia o della farmaceutica ma poco edificante se si va a valutare considerare il ruolo nel campo professionale. Rendiamoci conto di una cosa è cioè del fatto che un medico ha affrontato uno studio totalmente diverso da quello che affronta un farmacista e questo credo sia chiaro, ma quando c’è anche una piccola parte di medici che crede che il farmacista non ha motivo di esistere o che dovrebbero rivedere la sua preparazione allora li il discorso diventa più grave. Si parla di ” aderenza alla terapia” ma dove si studia in modo approfondito la compliance del paziente? Le università e i professori non garantiscono il ruolo stesso del farmacista perché in questo modo si ha l impressione che io farmacista posso sapere tutto sulla farmacodinamica o sulla farmaco cinetica ma che sia totalmente inutile. Il problema dunque è la figura che ahimè penso non cambierà mai se non in peggio perché ad oggi il medico continuerà a pensare sempre ” tu fai il farmacista io faccio il medico” ed ha ragione. Io da laureato in farmacia vedo il disagio enorme e il forte senso di sconforto che c’è tra noi giovani… All esame di abilitazione per la professione si fanno delle cose che non si usano neanche più codici, io ho avuto la fortuna di imparare perché sono una persona curiosa e come me ce ne sono tante perciò ripeto è un peccato pensare che dopo 5 anni di studio uno si deve “ridurre” a ricordare solo norme legislative e nient’altro e nella maggior parte dei casi non sono state neanche approfondite Nell ambito universitario. Chiudendo, il problema è che la laurea stessa non ha motivo di esistere fino a quando si osserva: abusivismo professionale, farmacisti collaboratori sottopagati, ragazzi che vengono mandati via dopo aver ottenuto contratti di apprendistato, nessuna possibilità di carriera dietro un bancone ecc ecc. Mi rendo conto che sono cose già sentite ma purtroppo il problema è lo stesso e ciò “inquadramento professionale”.