Secondo un’analisi portata a termine da Farmacisti al Lavoro nell’aprile del 2018, sono circa 7.000 i farmacisti che ogni anno si ritrovano a dover cercare una nuova occupazione. Come è noto, la condizione dell’assenza di una posizione lavorativa attiva mette di fronte il farmacista alla necessità di comunicare all’Ente nazionale previdenza assistenza farmacisti (Enpaf) la propria situazione corrente. Ciò al fine di poter vedere ridotto il contributo annuale da versare.
L’attuale regolamento dell’Enpaf, tuttavia, prevede che tale finestra di disoccupazione sia di 7 anni a partire dalla data dell’ultima posizione lavorativa. Inizialmente questa finestra era di 5 anni, spostata poi a 7 con un apposito provvedimento dell’Ente. Secondo quanto denuncia il Conasfa, sigla in rappresentanza dei farmacisti non titolari, «per questa problematica, molti colleghi per scarsa conoscenza/informazione e per calcoli e procedure articolate, sono stati costretti a cancellarsi dall’Ordine di appartenenza, per non incorrere in un aumento di oneri contributivi difficilmente sostenibili e in “contrasto” con le loro attuali possibilità economiche».
Ciò con la risultante di «una discriminazione e una perdita di professionisti sul campo». Per questo motivo, Conasfa chiede a gran voce l’eliminazione della finestra di disoccupazione: «Chiediamo a tutti le organizzazioni di categoria, ai presidenti di Ordine presenti nell’Assemblea nazionale e al Consiglio nazionale Enpaf, di promuovere un’azione comune su questo fronte per raggiungere un risultato “minimo”, ovvero la cancellazione della “finestra di disoccupazione”. In questo modo, ogni professionista, per qualsiasi periodo di disoccupazione involontaria singolo e/o multiplo nella propria vita lavorativa, potrà mantenere a prescindere la quota “contributiva d’ingresso all’atto della prima iscrizione all’Albo” (riduzione nelle varie percentuali o solidarietà)».
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