La diffusione del contagio del coronavirus in Italia interessa la popolazione ma anche gli operatori sanitari che sono a stretto contatto con il pubblico. Tra questi, i farmacisti che nella loro attività quotidiana forniscono supporto – informativo e spesso psicologico – indistintamente a tutti coloro che richiedano in formazioni. Una circolare della Fofi del 24 febbraio 2020, indirizzata ai presidenti degli Ordini dei farmacisti e ai componenti il comitato centrale, rende note le modalità a cui devono attenersi i farmacisti operanti nelle zone rosse e gialle, ovvero i comuni nei quali sono state applicate misure per contenere l’espansione del contagio da coronavirus.
Più nel dettaglio, le misure introdotte riguardano le farmacie che operano nei comuni per i quali non sono state adottate misure specifiche, ovvero «i farmacisti e il personale in servizio che svolgono l’attività lavorativa nelle farmacie aperte al pubblico nei Comuni e nelle aree per le quali le Autorità competenti non hanno adottato specifiche misure di contenimento e gestione dell’emergenza nei confronti delle farmacie», e per le «farmacie che operano nei comuni per i quali sono state adottate misure specifiche». Queste ultime sono destinate ai «farmacisti e il personale in servizio che svolgono l’attività lavorativa nelle farmacie aperte al pubblico nei Comuni e nelle aree per le quali le Autorità competenti hanno adottato specifiche misure di contenimento e gestione dell’emergenza».
Nella stessa circolare la Fofi sottolinea che «i farmacisti che operano nelle parafarmacie, qualora le stesse siano autorizzate a rimanere aperte sulla base dei provvedimenti delle competenti Autorità, seguiranno le stesse misure di contenimento e prevenzione del rischi». Infine, una nota riguardante l’allestimento di gel disinfettante mani, relativa alle formulazioni da utilizzare.
Si rimanda alla lettura della circolare, reperibile nella sezione “Documenti allegati”.
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Secondo una interessante ricerca pubblicata su Nature Reviews Cardiology, coordinata da Ying-Ying-Zhen, del Dipartimento di Cardiologia dell’Università di Zhengzhou, ACE2 agirebbe come recettore funzionale proprio per i coronavirus, per cui il Sars-CoV-2019 legherebbe la sua proteina “Spike” (quella che abbiamo imparato a conoscere come un chiodo in rilievo sulla membrana virale) proprio al recettore ACE2. «Lo studio contribuisce alla spiegazione del meccanismo per cui l’infezione da Covid-19 risulterebbe cardiotossica», spiega Ciro Indolfi, presidente della Società italiana di Cardiologia.
Questo recettore è stato scoperto nel 2000 ed è presente nel cuore, polmoni, reni ed altri organi.
Tenendo conto di tutto ciò, azzardando, forse si potrebbe IPOTIZZARE che tutti quei pazienti ipertesi che abbiano sviluppato tosse stizzosa in seguito a terapia con
ACE-inibitori possano essere più a rischio di sintomi maggiori in caso di contagio da covid-19?