Se fare il farmacista in Italia può essere soddisfacente sotto il profilo umano e professionale, lo stesso non si può dire per la parte economica, con un contratto nazionale fermo da anni ed una categoria impassibile alle esigenze dei lavoratori, con i margini delle farmacie che non crescono a causa dell’assottigliamento continuo del valore farmaci erogati per conto del Servizio sanitario nazionale che impattano negativamente sulla distinta contabile riepilogativa. Dopo l’analisi del mercato Svizzero, pubblicata su FarmacistiAlLavoro.it lo scorso dicembre, un articolo comparso sul giornale online FarmaciaVirtuale.it fa il punto sul lavoro del farmacista in Spagna.
«Per esercitare la professione di farmacista in Spagna – si legge nell’articolo pubblicato su FarmaciaVirtuale.it – occorre essere iscritti all’Ordine provinciale dei farmacisti. Esistono numerose associazioni che rappresentano i titolari di farmacia o i collaboratori. Nel 2018 si contavano più di 74000 farmacisti iscritti agli Ordini, di cui 52000 farmacisti territoriali. Tutte le farmacie del territorio sono private; le catene di farmacie non sono consentite per legge».
Inoltre, «nel 1997 – prosegue l’articolo – venne approvata una legge nazionale che rese obbligatorio fornire servizi di consulenza al paziente, segnalare reazioni avverse assumendo un ruolo attivo nella farmacovigilanza, allestire preparazioni. Tuttavia, queste attività risultano marginali nella pratica quotidiana, dove continuano a prevalere la dispensazione dei medicinali e i consigli per un corretto uso dei farmaci di automedicazione».
«Nel 2001 il ministero della Salute spagnolo – evidenzia lo studio – identificò e definì tre servizi principali che dovevano essere offerti dalle farmacie territoriali: la fornitura dei medicinali doveva essere accompagnata dai consigli per l’uso; il paziente che si recava in farmacia doveva ricevere assistenza nella scelta dei farmaci senza obbligo di prescrizione; le terapie croniche dovevano essere seguite per rilevare prontamente eventuali effetti collaterali».
Ciò nonostante, «ad oggi solo i farmacisti più motivati applicano le disposizioni suddette, probabilmente a causa della mancanza di una retribuzione. Altri servizi invece, a seconda della tipologia, vengono finanziati dallo stato, dalla provincia o dal comune. Tra questi si ricordano la fornitura di metadone, i test per l’Hiv e la sifilide, il test di screening per il cancro del colon retto, la distribuzione di siringhe sterili ai tossicodipendenti, la raccolta dei rifiuti farmaceutici, programmi di educazione sanitaria finalizzati alla corretta assunzione dei medicinali nelle terapie croniche».
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