Tecnicamente un farmacista, non avendo facoltà di prescrivere, non potrebbe ottenere nemmeno una confezione di Oki senza prescrizione.
In attesa che la nostra federazione porti avanti la sacrosanta battaglia per l’istituzione della figura del farmacista prescrittore, il medico e l’odontoiatra sono gli unici soggetti attualmente autorizzati dalla legge ad approvvigionarsi di farmaci etici per l’utilizzo nell’uomo. Di conseguenza, qualunque medico può entrare in una qualunque farmacia d’Italia e, mediante la presentazione della sola tessera di iscrizione all’ordine, richiedere un qualunque medicinale disponibile sul territorio. Naturalmente sarà facoltà del farmacista, qualora si tratti di medicinali che richiedono formalità o adempimenti particolari, chiedere al medico di compilare estemporaneamente una ricetta su carta semplice, ma almeno per i medicinali di tabella 4 questo per prassi non viene fatto. Ma che cosa succede se ad aver bisogno di un farmaco etico è un farmacista? Nel caso il collega si trovi nella sua farmacia o nella farmacia dove lavora, la soluzione è semplice: prendere il farmaco, scaricarlo e pagarlo. Diverso è invece il caso in cui il collega si trovi fuori sede. Anche il farmacista possiede una tessera di iscrizione all’ordine ma tecnicamente, non avendo ancora la facoltà di prescrivere, non gli sarebbe permesso ottenere nemmeno una confezione di bustine di Oki senza ricetta. Farmacisti Al Lavoro ha voluto realizzare un sondaggio per capire come si comportano i farmacisti quando ricevono la richiesta di un farmaco etico da parte di un collega sprovvisto di prescrizione medica.
Il sondaggio ha ricevuto molte risposte, tanto che in soli tre giorni addirittura cento colleghi mi hanno fornito la loro opinione. Fra questi il 60% erano collaboratori di farmacia privata, il 15% erano titolari, il 7% erano impiegati presso farmacie comunali, il 4% erano titolari di parafarmacia e il 4% erano anche i farmacisti impiegati nella GDO. Ci tengo a sottolineare come questa distribuzione rispecchi grossolanamente la distribuzione statistica delle posizioni dei farmacisti italiani.
Solo due farmacisti su cento negherebbero un Oki a un collega senza ricetta.
Dispenseresti un farmaco di tabella 4 (ad esempio Oki) ad un collega sprovvisto di prescrizione medica? A questa domanda solo due colleghi, entrambi collaboratori di farmacia privata, hanno risposto negativamente. Due farmacisti su tre procederebbero alla dispensazione, ma solo a patto che il collega possa provare di essere un farmacista, mentre un farmacista su cinque si accontenterebbe di una dichiarazione verbale.
Dispenseresti un farmaco di tabella 5 (ad esempio Aulin) a un collega sprovvisto di prescrizione medica? Un farmacista fuori sede potrebbe probabilmente riuscire a curarsi un mal di denti con l’Aulin, almeno in due farmacie su tre e purché sia provvisto del tesserino dell’ordine oppure conosca di persona il collega. Solo sette farmacisti su cento si accontenterebbero in questo caso di una dichiarazione verbale: fra questi tre collaboratori, due titolari di farmacia e un titolare di parafarmacia.
I farmacisti non sembrano fare grossa differenza tra gli stupefacenti e i farmaci da ricetta non ripetibile.
Dispenseresti un farmaco etico sottoposto al DPR 309/90 ma non sottoposto ad obbligo di carico e scarico (ad esempio, Valium o Tachidol) ad un collega sprovvisto di prescrizione medica? I farmacisti non sembrano fare grossa differenza tra farmaci da ricetta non ripetibile e farmaci stupefacenti. Quasi sei farmacisti su dieci, trovandosi fuori sede, potrebbero curarsi il mal di denti con il Tachidol e magari, se il dolore non aiuta a dormire, aiutarsi con qualche goccia di benzodiazepina. È però vero che solo sei farmacisti su cento si accontenterebbero di una dichiarazione verbale. Sono gli stessi di prima e anche se il questionario è anonimo sappiamo benissimo dove lavorano: nella famosa “altra farmacia”.
Questi sono dunque i risultati del nostro primo sondaggio. Per quanto un comportamento totalmente lassista possa apparire opinabile, è comunque vero che una certa dose di cortesia tra colleghi è sempre auspicabile.
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