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L’omeopatia spacca i farmacisti italiani

L'omeopatia esiste da oltre duecento anni, ma molti studi ne hanno messo in discussione l'efficacia. Farmacisti Al Lavoro ha voluto chiedere ai farmacisti italiani la loro opinione sulla pratica medica inventata (o scoperta) dal dottor Samuel Hahnemann.

L’omeopatia spacca i farmacisti italiani

Farmacisti al Lavoro

Non è un buon momento storico per l’omeopatia, ma i farmacisti italiani non sembrano preoccuparsene più di tanto.

Non è un buon momento storico per la medicina hahnemaniana. Dopo l’editoriale di The Lancet del 2006, intitolato “La fine dell’omeopatia”, e il position statement del 2010 della British Medical Association che l’ha definita “stregoneria” chiedendo che il sistema sanitario inglese smettesse di rimborsare le cure omeopatiche, molte associazioni scientifiche hanno pubblicamente assunto una posizione critica nei suoi confronti, non ultima nel 2015 la Royal Pharmaceutical Society (l’equivalente inglese della nostra FOFI) la quale ha sentenziato: “Continuare a vendere medicinali omeopatici compromette la scientificità della pratica professionale dei farmacisti”. Anche in Italia, è da poco nata una petizione online per limitare la presenza dell’omeopatia negli ospedali e nelle farmacie. Tutto ciò non sembra preoccupare più di tanto i farmacisti italiani, intervistati da Farmacisti Al Lavoro in un sondaggio che ha ottenuto oltre 250 risposte.

Solo un farmacista su sei ritiene che l’omeopatia sia pienamente efficace, ma i farmacisti che sono almeno possibilisti superano il 50%.

 

La prima domanda verteva sull’efficacia dell’omeopatia: i farmacisti italiani la ritengono una pratica efficace, oppure come l’associazione dei medici inglesi ritengono che si tratti di poco più che stregoneria? Seppure solo un farmacista su sei ritenga l’omeopatia una medicina efficace in ogni ambito, addirittura un farmacista su tre riconosce che potrebbe avere una limitata efficacia in alcune patologie o per alcuni rimedi, portando i farmacisti che sono almeno possibilisti nei suoi confronti al 50.5% e raggiungendo in questo modo il quorum. Il 49.5% dei farmacisti, per contro, ha dichiarato di non credere affatto nell’omeopatia.

Ai farmacisti titolari va dato il merito di non imporre il loro pensiero ai dipendenti, che in due casi su tre sono liberi di consigliare o meno l’omeopatia secondo coscienza.

 

La seconda e la terza domanda volevano indagare, invece, quanto spesso l’omeopatia venga utilizzata nel consiglio di ogni giorno al banco e se le farmacie tendessero a incoraggiare o piuttosto a scoraggiarne la vendita. In effetti, solo un farmacista su dieci consiglia medicinali omeopatici d’emblèe, e la maggioranza assoluta tende a non consigliarli mai. Va invece riconosciuto il merito, ai titolari di farmacia, di non imporre per ragioni commerciali o scientifiche il loro pensiero ai propri dipendenti, almeno nel 65% dei casi. Solo un titolare su tre vuole che i suoi collaboratori spingano (15.8%) oppure si astengano (19.4%) dal vendere omeopatici.

Quasi il 40% dei farmacisti pensa che le farmacie dovrebbero smetterla di vendere medicinali omeopatici.

Abbiamo infine chiesto ai farmacisti italiani che cosa ne pensino dell’attuale legislazione in materia di omeopatia, e quale ruolo secondo loro dovrebbe avere l’omeopatia all’interno del servizio sanitario e della cura della salute umana. Nel complesso, quasi il 40% dei farmacisti italiani pensa che le farmacie dovrebbero smettere di vendere medicinali omeopatici. Il 22% ritiene, al contrario, che l’omeopatia andrebbe incentivata mentre uno su tre pensa che l’attuale legislazione sia più che adeguata, e il ruolo dell’omeopatia conforme alla sua efficacia. Alcuni colleghi hanno voluto esprimere un parere più approfondito. Un sostenitore ci dice che l’omeopatia dovrebbe essere più conosciuta dai medici di base e dalle istituzioni, che secondo lui non vogliono approfondire l’argomento. “Per le piccole patologie va benissimo il nostro consiglio”, aggiunge un altro sostenitore, “ma per patologie croniche è meglio un medico omeopata. Andrebbero invece evitati i consigli sulle riviste”. Su quest’ultimo punto, credo che saremo tutti d’accordo. Fra i detrattori della medicina hahnemaniana, un collega ci dice che a suo parere, senza mezzi termini, “la medicina omeopatica è una truffa”, eppure la userebbe in extremis per il suo effetto placebo, in chi abusa di medicinali. E ricordiamo, ci dice un altro farmacista, che è utile per “persone che non possono essere curate con la medicina classica, come bambini piccoli o donne in gravidanza”.

Farmacisti Al Lavoro ringrazia i colleghi che hanno partecipato al sondaggio. Ricordati, se non l’hai già fatto, di mettere il like alla pagina dedicata al lavoro in farmacia, per i farmacisti che non si accontentano.

3 Commenti

  1. L’omeopatia è definito come un medicinale e in farmacia viene venduta come priva di effetti collaterali in quanto non vi sono effetti noti e verificati dall’autorità di gestione dei medicinali.
    Un farmaco ha sempre degli effetti collaterali pertanto l’omeopatia non è un farmaco a tutti gli effetti.
    A volte è sufficente definire cosa non è una certa cosa piuttosto che definire che cos’è, vista i termini in cui si definisce la cosa stessa.

  2. Se un cliente, per sentirsi bene, vuole acquistare dello zucchero a 1000 euro al chilo che lo faccia pure, non ci vedo niente di male. Altro discorso è considerare i rimedi omeopatici dei medicinali o meno. Anche mangiare un salamino può avere un effetto placebo ma non per questo un insaccato può essere paragonato ad un farmaco e ricadere sul SSN (detraibilità, ecc).

  3. La sola frase “credere nell’omeopatia” la dice lunga: credere in qualcosa presuppone la sua impossibilità di essere provata. Credere in Dio, credere nella fortuna, nel destino va bene. Ma per dei professionisti con studi scientifici alla base, la parola “credere” non ha senso. Una terapia o è fondata sul metodo scientifico, oppure non lo è. Si può essere in disaccordo su come usarla, ma non si può “credere” o “non credere” nella sua efficacia. E questo dovrebbe guidare la totalità dei nostri colleghi in ogni scelta, ogni giorno, al banco.

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