In una nota dell’8 settembre 2020 l’Associazione nazionale professionale farmacisti non titolari (Conasfa) ha manifestato la propria contrarietà riguardo la proposta di coinvolgere direttamente i farmacisti come collabori esterni per la somministrazione di vaccini antinfluenzali durante la prossima stagione invernale, portata avanti da alcuni organi rappresentativi dei farmacisti italiani.
Come è noto, infatti, diverse sigle di categoria hanno ritenuta doverosa la possibilità per i pazienti di potersi vaccinare anche in farmacia e avere a disposizione un “farmacista vaccinatore”, previo idoneo percorso di preparazione. Elemento giudicato come un passo avanti per il nostro sistema sanitario e quindi per l’intero paese. Ciò risulterebbe anche necessario per rimanere al passo con gli altri Paesi europei che stanno andando proprio in quella direzione.
In tal senso, Conasfa ha sottolineato l’importanza assunta dai farmacisti anche durante l’emergenza sanitaria mondiale, che non sono mai venuti meno al loro dovere rimanendo in prima linea al servizio della popolazione, mettendo a rischio la salute propria e quella dei cari.
Secondo quanto evidenzia l’associazione di categoria, infatti, nonostante essi debbano essere considerati operatori sanitari a tutti gli effetti, non possono però sostituirsi ad altre figure professionali, ricoprendo ruoli che non competono loro. In questo senso, la vaccinazione sarebbe dunque qualcosa che non riguarda la loro formazione e deve dunque essere affidato a medici ed infermieri.
È inoltre necessario che la figura del farmacista venga finalmente definita ed inquadrata come quella di un operatore sanitario «che si occupa del farmaco, della sua manipolazione, conservazione e distribuzione, è l’esperto nel seguire la terapia dei pazienti insieme al medico curante» come affermato da Silvia Ballerini, presidente di Conasfa.
Dietro al no da parte dell’associazione ci sarebbero però anche altre questioni, legate prima di tutto alla responsabilità: in quanto dipendenti o collaboratori, i farmacisti non avrebbero infatti nessuna tutela o garanzia in caso di rischio biologico, che aumenterebbe esponenzialmente trattandosi di un atto medico.
Mancano, ad oggi, polizze assicurative adeguate. In questa ottica inoltre, essi si vedrebbero costretti ad operare senza un congruo riconoscimento economico. Il contratto nazionale dei dipendenti di farmacia privata risulta scaduto da ormai 7 anni, e nonostante Conasfa abbia già più volte reclamato il rinnovo dello stesso, per il momento tale richiesta è rimasta inascoltata.
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Infatti sono solo 2 le cose che andrebbero fatte :
1)abilitare il farmacista alla vaccinazione per staccarlo dalla mentalità di bottegaio commerciante elevando il valore della farmacia a presidio sanitario con all’interno dei veri professionisti sanitari ;
2)rinnovare il ccnl tenendo conto delle nuove competenze del farmacista “vaccinatore”.
Semplice no ?
Mica tanto semplice.
Sono un medico. con una discreta esperienza in intensiva e subintensiva collateralmente anche laureato in farmacia; conosco ambedue i percorsi di studi e penso di poter dire un paio di cose:
Seppur e più difficile che avvenga una reazione in soggetti già precedentemente vaccinati, questa non è escludibile a priori in quanto gli epitopi antigenici sono ovviamente diversi.
La gestione delle vie aeree nel paziente in anafilassi e l uso delle ammine è tutt’altro che banale, ben fuori dal bagaglio del farmacista, in pratica è la stessa distanza che intercorre fra il cielo e la terra.
Mi pare che vengano meno i necessari requisiti di sicurezza di sicurezza per il paziente, questo senza considerare i problemi normativi e legali della somministrazione di un farmaco, di certo non può essere resa leglale con un corso di qualche ora online.
Non è tanto fare una cosa, molte procedure anche complesse si imparano in pochissimo tempo, il problema è capire perché si fa una procedura e soprattutto porsi in modo da prevenire e gestire le complicanze.
La federazione dovrebbe pensare ad altre cose a mio parere.