FarmaciaVirtuale.it, giornale online per farmacisti, ha pubblicato lo scorso maggio la lettera di un farmacista nella quale veniva evidenziato che a fronte di un impegno maggiore, la categoria non ha avuto il giusto riconoscimento né in termini economici né con il rinnovo contrattuale. «A poco più di un anno della pandemia – si legge nella lettera di Fabrizio Picciolo, farmacista collaboratore – si può tracciare un bilancio per i farmacisti collaboratori. Alla luce di tutte le ulteriori responsabilità che in quest’ultimo periodo hanno investito i farmacisti collaboratori, il nodo cruciale del riconoscimento economico risulta essere ancora non risolto. La mole di lavoro, di concerto con le responsabilità, è esponenzialmente aumentata. Ciò senza un concomitante incremento della retribuzione. Il contratto del farmacista collaboratore risulta essere fermo al lontano 2013».
Il rinnovo del contratto e la tipologia
Il farmacista prosegue nella sua missiva puntando il dito contro la tipologia della categoria del contratto al di fuori della sfera sanitaria: «Siamo la sola anomalia di professionisti laureati – scrive Picciolo -, iscritti a un ordine professionale, previo superamento di un esame di stato, a essere inquadrati come commercianti. La svolta cruciale per il nostro contratto poteva essere la pandemia ma, anche in questo caso, non è stata vista come una priorità. Un cambio di contratto, dal settore del commercio a quello sanitario, darebbe dignità e riconoscimento a una categoria che è rimasta aperta quando tutta l’Italia era chiusa causa pandemia».
L’appello alle istituzioni di categoria
Le osservazioni di Picciolo fanno poi riferimento ai recenti impegni assunti dai vari sindacati del settore: «Federfarma rappresenta i soli titolari di farmacia eppure lo stesso sindacato parla a nome di un’intera categoria», inoltre evidenzia «incombenze proposte su base volontaria, ma che spesso vengono imposte ai collaboratori dai datori di lavoro. Benché l’adesione sia su base volontaria – scrive il farmacista – molti colleghi che conosco sono, addirittura, costretti a fare tutto questo per non perdere il proprio posto di lavoro. La retribuzione per l’esecuzione, inoltre, avviene alla farmacia, che nulla corrisponde al proprio dipendente». Infine, l’appello ai vertici di categoria: «Se siamo sanitari, aspetto definitivamente sancito con l’inoculazione di un vaccino, lo vorremmo essere anche contrattualmente. Esattamente come in tutta Europa».
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Con una parola in più o in meno al momento opportuno, noi farmacisti collaboratori sappiamo spostare a fine anno qualche migliaio di euro al di la o al di qua del bancone.
Imbarazzante dover parlare di soldi, ma se per i nostri colleghi proprietari, noi collaboratori non siamo altro che un fastidioso, ancorché indispensabile, costo, è giunto il momento di fargli capire che più che un costo siamo un investimento. Un investimento che conviene valorizzare.
Conviene proprio a tutti.